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A casa con i suoi

Ancora una commedia sentimentale, ancora americana, ancora un successo. Perché c'è sempre bisogno di una commedia, perché gli americani le sanno fare, perché finiscono inevitabilmente bene. A casa con i suoi, fin dal titolo, si ispira all'attualità del dolce stare in casa con mamma e papà.
Tripp, trentacinquenne col vizio della vela e delle donne, naviga e ama a vista. A casa dai suoi torna giusto per avvolgersi nelle lenzuola stirate dalla madre, per ascoltare i consigli del padre e per chiudere con le donne che mettono a rischio la sua condizione di single. Fino al giorno in cui i genitori decidono di rivendicare il loro status di coppia e di assoldare una professionista delle relazioni familiari. Paula, una Jessica Parker molto sexy e poco city, è una giovane consulente fermamente decisa ad aiutare Tripp a ritrovare se stesso e il proprio desiderio di indipendenza. La psicologia spicciola di Paula sembra funzionare ma le apparenze spesso ingannano e Tripp scoprirà presto l'imbroglio che, prontamente sciolto, diventerà amore.
Tom Dey (si pronuncia Dye), al suo terzo lungometraggio, firma una commedia gradevole che, se manca il decollo nella prima metà, prende quota e la mantiene nella seconda parte bilanciando buon umore e malinconia. Quando la vela dell'ultratrentenne protagonista finalmente si spiega, è allora che il regista s-vela la difficoltà di chi va ma soprattutto di chi resta. In un bel dialogo, sostenuto dal talento di Kathy Bates e dall'attitudine meno pronunciata di Matthew McConaughey (questo invece è impronunciabile), è la madre a confessare al figlio la paura di smettere il ruolo della mamma per tornare a confrontarsi col marito come compagna. La conversazione insinua sospetti: quello della resistenza del genitore alla separazione, quello dei ricatti morali messi in atto per trattenere i figli oltre il tempo massimo. Piccoli tentativi parentali, dissimulati e irresistibili, di fronte ai quali è impossibile non cadere in tentazione, o almeno nella tentazione di restare. Ma a riflettere troppo si sarebbe finito col fare una commedia romantica troppo sociale e troppo poco hollywoodiana. Meglio così.




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